Ordine medievale
Riflessioni sulla privazione della libertà collettiva e lo strapotere dello Stato
Il concetto di
ordine pubblico è alquanto difficile da fissare entro limiti storicamente
temporali entro i quali poter procedere ad un’analisi di forme e contenuti.
Il termine
stesso è di difficile catalogazione, peraltro, avversata dalle scienze
giuridiche, politiche e sociali sulla valenza, efficacia ed operatività di un comparabile
concetto.
Uno Stato
repressivo celato sotto le mentite spoglie di uno Stato democratico, penetra
preventivamente e regressivamente nel sistema delle libertà dei cittadini,
delegittimando ogni forma di opposizione e di dissenso.
Lo Stato da
momento ordinatore di aggregati politici e sociali diviene disciplina ferrea
della vita dei cittadini, attraverso una silente imposizione dogmatica obnubilante
l’anencefalica, sottomessa e sublimante acquisizione di mendaci messaggi,
pilotati da una claque giornalistica pronta a manifestazioni di servile
ossequio e prezzolata da un regime di privilegi.
Il pluralismo
sociale e politico, la tolleranza religiosa, il riconoscimento e la tutela
delle minoranze etniche e linguistiche, sono i connotati fondamentali di uno
Stato che ben difficilmente nella sua dinamica democratica è riuscito a
ritrovare un ordine pubblico ideale al quale ispirarsi.
L’emergere
tumultuoso e incessante di nuove forze sociali, di gruppi, movimenti, partiti
politici ed associazioni ha messo in discussione qualsiasi dottrina e
ideologia, forgiando un grado di disordine sociale che viene accettato come
necessario effetto di un sistema disfunzionalmente aperto.
La democrazia
difficilmente potrà raggiungere e detenere una posizione estremamente fluida o
filosoficamente liquida secondo la metafora coniata da Zygmunt Bauman.
Al di sopra di
una visione politica dominante e della statica del potere, si avverte sempre
più la necessità che, almeno sotto l’aspetto formale, i metodi, le procedure e
le strutture processuali, debbano essere espressione convergente di un comune
consenso.
Solo così
operando ci sarà spazio per un ordine pubblico ideale, costituito dal criterio
democratico, dal ragionevole mutamento, dal rifiuto dell’eversione e della
sovversione cruente, dalla messa al bando di incancrenenti fenomeni sociali
patologici.
Il dibattito
filosofico, giuridico e politico sul tema è ancora aperto, screditato da inani
pregiudizi politici e culturali che ancora risentono di esperienze autoritarie e
di nefasti governi di cialtroni.
L’opera di
snaturalizzazione perpetrata da uno Stato di diritto e democratico, apre la
querelle sul valore cogente della nozione di ordine pubblico, osteggiato, estromesso
e caducato di alcuna efficacia positiva e normativa, e collocato dai detrattori
sugli scaffali museali dell’archeologia giuridica, attraverso il mutamento
nominativo con oppiacee espressioni tranquillizzanti quali ordine
costituzionale, ordine democratico, ordine amministrativo, ordine giuridico e
dulcis in fundo ordine politico!
“Ordine vuol
dire la cosa giusta al posto giusto e al momento giusto.” (Zygmunt Bauman, su
Corriere della Sera, 2009)
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