mercoledì 13 aprile 2016

L’origine delle sette segrete Taurianovesi
Brevi cenni storico-giuridici sulle locali sette segrete


La cospirazione politico-religiosa
            Secondo la felice caratterizzazione di un autore francese(1) l’iter progressivo di tutela della sicurezza dello Stato (rectius: comunità) può snodarsi attraverso diverse fasi costitutive, rispettivamente, in primo luogo, dall’incriminazione di commettere un delitto contro lo Stato; in secondo luogo, dall’incriminazione della proposta fatta e non accettata di commettere tale delitto; in terzo luogo, dalla punizione del complotto (o cospirazione); in quarto luogo, dalla punizione del complotto seguito da atti preparatori dei delitti in questione.
            Il legislatore francese, nella codificazione Napoleonica, aveva recepito il sistema della seconda fase, il quale sanzionava, sia pure con pene correzionali, la semplice proposta non accolta di commettere un delitto contro lo Stato.
            Un esempio analogo poteva riscontrarsi nell’art.14 dell’editto sulla stampa il quale incriminava, a titolo speciale, la provocazione a commettere il delitto di cospirazione contro la persona del Re o contro individui della famiglia reale (codice penale albertino del 1839), incriminazione che venne implicitamente abrogata dal codice penale del 1930.
            Si può quindi, senza tema di smentita, osservare come per più di un secolo si è considerato reato perseguibile penalmente, la semplice provocazione a commettere il delitto di cospirazione contro i Regnanti (rectius: governanti) ed il Clero.
Il caso Jatrinoli
            Connotato preminente della cospirazione politica è la segretezza sia della risoluzione di agire sia del suo iter di sviluppo, a questa constatazione tendenziale conduce il significato volgare della locuzione “cospirazione” (quale sinonimo di congiura), nonché l’esame delle forme in cui essa si è storicamente realizzata.
            Limitando il nostro campo di azione temporalmente alla fine del 1800 e senza esaminare i successivi risvolti legislativi, possiamo provare documentalmente a Jatrinoli (ora Taurianova) l’esistenza di raggruppamenti di persone, unite da comunanze ideologiche e politiche che successivamente all’Unità d’Italia professarono una radicale, intransigente e talvolta esplicita contrapposizione alla comunità e all’ideologia sabauda e religiosa dominante.
            La fonte documentale che pubblicamente assevera l’esistenza di queste sette segrete, è un "manifesto denuncia" siglato da un'eterogenea moltitudine di cittadini Jatrinolesi e datato agosto 1897.(2)
            I fatti denunciati nel manifesto risalivano al 1882 circa, quando una fantomatica “setta dei libellisti” che al suo primo apparire prese il nome di Notte Oscura “si scagliò contro le persone più distinte del paese, le quali, pur conoscendone gli autori, sotto il velame dell’anonimo, onde si nascondevano, stimarono dignitoso e conveniente di non dare altra risposta che il disprezzo”.
            Successivamente e cioè verso il 1884, quando Jatrinoli si divise in partiti, i libellisti si posero all’opera in misura sfrenata, con ricorsi alle autorità civili ed ecclesiastiche, con articoli di giornale, con fogli volanti, e talvolta con cartelle denigratorie appese alle mura cittadine, conservando sempre scrupolosamente l’anonimato.
            I libellisti presero di mira, attaccandoli inopinatamente, i “Tiranni Signorotti” ed una parte importante del clero, costituita dall’Arciprete del Duomo di Jatrinoli Francesco Maria De Luca, al quale non si perdonava un comportamento alquanto dispotico ed un esplicito parteggiare alle cruente lotte politiche ed amministrative.
            Tale profonda avversione religiosa dimostrata dai libellisti della “Notte Oscura” non determinò da parte delle autorità religiose preposte, in una società prevalentemente confessionale, l’applicazione del canone 2335 del diritto canonico, giacché lo stesso afferiva maggiormente alle ipotesi delittuose commesse da membri della Massoneria, la quale a Jatrinoli non era radicata, sviluppata e potente come nel vicino contado di Radicena, (conurbate nel 1928 nell’attuale Taurianova), dove sin dal 1812 il verbo della Massoneria speculativa o moderna, fondata a Londra il 24 giugno 1717, operava attraverso la storica Loggia degli Bruzj Riuniti.
La setta della “Notte Oscura”
            L’operato della setta dei libellisti è documentato inequivocabilmente in un foglio di carta pesante finemente stilato sia sul recto sia sul verso, più di un secolo fa, dai margini consunti, ma chiaramente leggibile(3).
            In tale foglio è tracciato il verbale di riunione datato 18 febbraio 1884 del “Consiglio de’ Dieci”, nell’ultima seduta della sessione invernale, scaturita dall’invito pregresso del 06 gennaio 1884 e letto dall’Egregio Bastone ed un successivo discorso tenuto dall’onorevole Fra Totamo.
            Si legge, altresì, sul rogato verbale,  “Propugnandum inquisitores est”, che oltre a  costituire il motto della setta dei libellisti, era la  formula di giuramento sacramentale ed iniziatica cui si sottoponevano i nuovi segreti adepti.
            Sul frontespizio del documento si scorge, ancora, nella sezione superiore del foglio il simbolo araldico , costituito da una “arma coronata, con croce di malta sulla parte inferiore e lance a contorno”, con l’incastonata e laconica iscrizione “Povera Patria!” e seguendo nella porzione centrale un carme burlesco, intitolato “I Liquori pel Carnevale”che vale la pena di riportare testualmente, non fosse altro per la saccente ironia che ne trasuda.
            Il testo satirico del componimento è il seguente:
Offriamo con affetto/Con amore e grandiletto/Di buonissimi liquori/Un regalo à traditori:/E’ dè Dieci il Comitato/A costoro troppo grato./Nostravoglia appieno sia/Che un bicchier di Malvasia/Beva e gusti il mio Girone,/Mentr’è birbo lanzarone/didiscerne a prima vista/Com’è Capo Camorrista!!!/La Sciampagna è grato vino/Perciò s’offre a Vincenzino/Con affetto e con amore,/Mentr’è degn’inquisitore:/Fra cotanta Tirannia/Proclamò la Camorria…/A’ seguaci dè Tiranni/Offriamo dè malanni,/Ed un dono degno e caro/A quel brutto di magaro;/D’un buonissimo liquore/Un bicchiere al seduttore./Agli onesti Cittadini/Offriamo i veri vini/Acquistati col sudore/Del più puro onore;/Mentre’l fu acquistato/Con lavoro svergognato!!!//.
            Sorprende come in un contado arretrato e lontano dai clamori della cultura mitteleuropea nascente, si è potuta affermare una classe di intellettuali illuminata come gli affiliati alla “Notte Oscura”, i quali dal linguaggio letterariamente forbito e dai temi politici trattati, dimostravano un'adamantina valenza risorgimentale che faceva da controcanto alla ignavia lapidare, alla sciatteria ed all'ignoranza pullulante in cui stagnava la Calabria tutta.
            I duri attacchi della setta della “Notte Oscura”, che tramutarono successivamente il nomen in “In Congresso delle talpe”(4), sconvolsero per più di un decennio circa la quieta vita rurale del contado Jatrinolese, e ciò si è potuto evidenziare dalla cospicua documentazione reperita ed afferente ad anonimi libelli sotto forma di manifesti, di brossure, di sarcastiche pièce, e naturalmente da verbali di riunione.
            A quali azioni e mezzi atti a conseguire la delazione inquisitoria e delegittimante si siano dedicati, negli anni a seguire, i cospiratori per fustigare il ceto nobiliare dominante ed il clero locale, nulla c'è dato sapere, ma chiara è emersa dalle fonti, attraverso la costituzione di un pactum sceleris la volontà degli adepti della “Notte Oscura” di perseguitare la “vile canaglia dè Tirannotti” considerati “Capi dell’orrenda Camorra” e delle “spie che giornalmente vanno ammantando” attraverso “le più atroci torture” per il raggiungimento dello scopo fondante costituito dalla “salvezza della Patria istessa”.

Note.
(1)   Garraud, Traité théorique ed pratique du droit pénal français, Paris, 1916, 305;
(2)   Manifesto di denuncia, Palmi, Tip.Lopresti,1897;
(3)   Libello della setta Notte Oscura datato 18/02/1884;
(4)   Libretto del Congresso delle talpe datato 1898.

giovedì 7 aprile 2016

Storia di un Regio commissariamento

Radicena, Jatrinoli e San Martino sul finire dell’‘800





Premessa

Un elemento di ricerca esegetica particolarmente importante e conducente per l’analisi delle condizioni economiche e sociali nei comuni di Radicena, Jatrinoli e San Martino alla fine del 1800 è costituito dalla “Relazionedel Regio Commissario Straordinario Prof. Luigi Veneziani.
Essa afferisce al Comune di Jatrinoli con l’annessa frazione di San Martino, ed è estensibile de relato all’antica contrada di Radicena, insieme conurbate con Regia Decretazione Governativa vistata dal Guardasigilli Rocco in data 16 febbraio 1928, nr.377.
La “Relazionedatata 05 giugno 1899, indirizzata ai consiglieri comunali, costituiva l’atto conclusivo dell’attività amministrativa iniziata con Decreto Reale del 28 novembre 1898, dopo lo scioglimento, per inettitudine amministrativa, del consesso municipale Jatrinolese.
La caratterizzazione preminente, riguarda non solo l’aspetto prettamente amministrativo che la pervade, ma, altresì, si connota com’elemento conducente per l’esame delle condizioni sanitarie, di pubblica sicurezza, istruzione, cimiteriale, sociale ed altro ancora.
Si viene a determinare così uno spaccato, minuzioso ed elaborato di vita cittadina, collimante con la fine dell’ottocento ed i primordi del XIX secolo.

Pubblica sicurezza

La condizione di Pubblica Sicurezza sul territorio e nel paese in genere era assai compromessa, tant’è che il Regio Commissario dovette portare a conoscenza con deliberazione indirizzata al Prefetto il 06 gennaio 1899, le gravi ed allarmanti situazioni di microcriminalità diffusa nel territorio, insistendo sulla necessità di trasformare la Stazione dei Regi Carabinieri di Radicena in Sezione, ed eventualmente costituirne ex novo una Stazione nella frazione di San Martino.
A tale risoluzione fecero adesione i viciniori comuni di Radicena, Molochio e Terranova Sappominulio.
L’allarme criminalità, evocato dal zelante Commissario Veneziani si concretizzò, con la provvisoria soppressione dei giuochi nei pubblici servizi, oltre al rigido controllo e sorveglianza alle cosiddette persone ammonite e pregiudicate, nonché alla contestuale supervisione delle feste del Santo Natale, del Capodanno e del Carnevale, durante le quali, in passato, accaddero i più efferati delitti.

Igiene e polizia urbana

Vero punctum dolens erano le condizioni di polizia urbana e soprattutto quelle dell’igiene pubblica, per i quali lo stesso Veneziani affermava, quasi sconsolato, che trattasi d'elementi per i quali l’osservanza delle disposizioni di legge e dei regolamenti comunali da parte della popolazione, richiederà certamente “il trascorrere di molti lustri”.
L’invettiva dell’amministratore si rivolgeva ai “miseri pecorai”, proprietari di ovili al centro del paese, fomite di miasmi pestiferi e causa di non poche malattie, a cagione dei quali in data 08 gennaio 1899 se ne dispose con ordinanza municipale la soppressione.
Senza trascurare nemmeno, i proprietari dei palazzi antistanti, le vie di pubblico accesso, avvezzi, al sorgere del sole, a svuotare i pitali ed altro dagli escrementi notturni e/o mattinieri, molto spesso a “concime delle teste passanti”, e per finire alle due tintorie ed alla saponeria esistenti, i cui titolari erano anch’essi abituati a scaricare i pericolosi liquami di risulta nelle prossimità dei centri abitati.

Strade comunali e vicinali

Il primo rilievo, scaturente da un esame ben ponderato, portò il Regio Commissario Veneziani a constatare l’assoluto degrado ed abbandono sussistente nelle strade cittadine, sia interne sia esterne.
Pertanto, l’opera di sistemazione, mediante spargimento di brecciame interessò i ¾ circa del manto stradale e specificatamente riguardò le seguenti strade: “Strada Lucchese, tratto di fronte ai giardini dei Signori Contestabile e Scordo, Via Storta, Via Storta che va al Cantarello, Via Cantarello che va alle fonde Santa Luci, Via San Giuseppe, Via Colomonaco che va al fondo Salazare, Via scesa di Celano, Via Santa Lucia che n’esce alla Pignara”,rimanendo alla fine del 1899 da risistemare: “Via Trodio, Via Paparatto, Via del Carmine che conduce al Vallone della masseria Cavatore”.

Acque

In merito alle acque la situazione alla fine del 1800, se da un lato appariva ottima grazie anche all’abbondanza delle fonti che costituiva, a detta dell’amministratore straordinario, una “ricchezza pel Comune”, dall’altra, appariva problematica a causa delle numerose vertenze legali riguardanti la cessione della stessa a privati.
Tanto è vero, che nel commiato del 5 giugno 1899, raccomandava ai consiglieri e futuri amministratori, di porre canali di misura, anche per le acque da tempo vendute o cedute ai privati onde evitare esorbitanti sprechi, come ciò, peraltro, avveniva per la monumentale fontana di Piazza Vittorio Emanuele venduta a privati con atto rogato dal Notar Campannì in data 30 maggio 1865.

Servizio Sanitario

L’attenzione del saggio amministratore, in merito alle condizioni sanitarie, si accentrò precipuamente al servizio d’ostetricia, nel quale si era venuta a determinare una parossistica situazione d'incompatibilità economica tra l’ostetrica condotta e le altre due all'uopo abilitate.
Difatti, mentre alla prima era corrisposto uno stipendio annuo, ammontante a lire 550 (ai medici condotti si dava un emolumento annuale di lire 650), alle seconde non era corrisposto alcun compenso.
La soluzione della querelle avvenne con una salomonica decisione da parte del Regio Commissario Rag. Veneziani Luigi, il quale pensò di riordinare il servizio, togliendo all’ostetrica condotta l'occupazione di San Martino destinandovi contemporaneamente una delle ostetriche autorizzate, ed affidando all’altra il servizio del paese, in aiuto alla condotta, il tutto con decorrenza dal 1° gennaio 1900.

Cimiteri

Il servizio mortuario, secondo la relazione commissariale, si svolgeva con indefesso ed imperituro lavoro del custode e direttore, Giuseppe Scordo, che dal 1871, valeva a dire da 28 anni serviva il Comune, coadiuvato da due seppellitori.
Determinò immane meraviglia, al "nordico" Commissario l’abbandono che nel paese si faceva delle salme appartenenti alle classi povere, condotte via senza alcune cerimonie religiose e soventemente inumate senza casse.
All’uopo, si dispose un capitolo di bilancio ad hoc, con effetto dal 1900, affinché sorgessero anche in queste contrade “sentimenti generosi e pietosi”.
Sempre per questo sentimento misericordioso il Veneziani rivolse la cura e l’attenzione al vecchio Cimitero, inaugurato nel 1848 nell’agro catastalmente denominato Cardona, abbandonato sin dal 1883 e versante in condizioni penose, attraverso il continuo taglio dell’erba, delle spine (che peraltro si eseguiva nell’agosto d'ogni anno) e l’innalzamento di un’alta croce, adorna d'edera e fiori.

Pubblica istruzione

Per la pubblica istruzione, importanti innovazioni s'intrapresero dal solerte commissario attraverso la definitiva costruzione dell’edificio scolastico e successivo collaudo, comportante l’inaugurazione ed il consequenziale inizio del nuovo anno scolastico 1899-1900.
Si provvide, altresì, all’applicazione definitiva, nel novello sito, degli insegnanti Mallamo Maddalena, Gagliardi Erminia e il maestro Monteleone.
Non si può negligere, altresì, la disposizione con la quale si venne a sopprimere nel Comune di Jatrinoli, per ragioni d’economia, la classe 4ª e 5ª maschile della Scuola facoltativa, grazie all’opportunità concessa dal Comune di Radicena di far frequentare, “ai pochi giovinetti che intendessero proseguire gli studi”, le classi superiori.
Tale disposizione, riveste particolare importanza, in quanto per la prima volta è intercalato, in un atto deliberativo ufficiale, il ragionevole proponimento da parte di un funzionario ministeriale, qual era il Regio Commissario Veneziani, sulla necessità di riunire i due separati municipi sotto l’egida di un comune stendardo municipale, laddove rimarca come“fra l’uno e lo altro paese si può dire non esiste distanza”.

Frazione San Martino

L’abbandono in cui era caduto il borgo di San Martino, allora ammontante a 900-1000 anime circa, fu uno dei preminenti motivi che provocarono lo scioglimento del Consiglio comunale di Jatrinoli.
Il Commissario con l’aiuto del delegato dal Sindaco, Maiorca Giuseppe, riordinò tutti i servizi da tempo abbandonati e specialmente quello della illuminazione ad olio, di polizia urbana e d’igiene, nonché curò il restauro di alcune strade principali.
L'opera, reputata dall’amministratore più importante e ad ogni modo compiuta, nonostante una dura opposizione campanilistica, fu la ricostruzione della Chiesa Parrocchiale, essendo il culto da anni esercitato in una “meschina baracca di legno”.
La stessa fu inaugurata alla fine del 1899.

Conclusioni


Dulcis in fundo, da uno stralcio conclusivo della relazione del Regio Commissario Rag. Luigi Veneziani, da riportare testualmente, emerge lapalissianamente l’immanente attualità della stessa, per la ferina rampogna rifilata ad una genia di retrivi politicanti, ammonendo catastroficamente le future generazioni come “i partiti costituiscono sempre la più grave sventura dei paesi, essi distruggono rapporti di amicizia e di scambievole fiducia, distruggono la vita del paese, portano la pubblica demoralizzazione, distruggono infine ogni ideale d’equità, rettitudine e giustizia” ed augurando, alle porte del nuovo secolo al paese“quell’amministrazione retta, pacifica ed onesta inspirata solamente all’interesse e bene di tutti”.