L’avvocato Carmelo Serravalle da Jatrinoli
Una vera storia paesana romanzata
Alla fine dell’ottocento, ad ogni
banchetto matrimoniale o per rendere il commiato a nobili paesani o fanciulle
rapite nel fiore degli anni, oratore fisso era il dott. Carmelo Serravalle da
Jatrinoli.
Al termine del discorso riscuoteva il
plauso da tutti i presenti che lo esortavano a licenziarsi dal Regio Archivio
di Stato di Reggio Calabria, per intraprendere la professione di avvocato, che
avrebbe esercitato in maniera veramente brillante, essendo oratore nato.
Tali pressanti sollecitazioni erano
sentite e costanti e tanto lo esaltarono finché un giorno presentò le
dimissioni da impiegato del Regio Archivio di Stato di Reggio Calabria, senza
godere di alcuna pensione.
L'inizio della sua attività di avvocato fu
segnato da clamorosi successi e molte volte al termine di gravissimi processi
per associazione per delinquere, i parenti degli imputati che erano stati
assolti dalla giuria popolare, mercé la di lui efficace difesa, per esternare
la propria riconoscenza, lo issavano in alto portandolo in trionfo nell'aula
della Regia Corte di Assise d'Appello di Catanzaro.
Improvvisamente la sua stella cominciò a
declinare.
I motivi erano da ricercarsi, nella riforma
della Corte di Assise che portò all'abolizione della giuria popolare e nel
fatto che egli basava la sua difesa solo sugli effetti dell'arte oratoria,
mentre poco spazio destinava alla scienza giuridica, l'unica arma che riesce,
se adoperata con abilità, a risolvere complicati casi giudiziari.
I suoi clienti, che nei primi anni della
sua professione costituivano una nutrita schiera proveniente da tutta la piana
di Palmi, cominciarono progressivamente ad assottigliarsi di numero, finché
divennero occasionali, procurati a mezzo dei soliti mediatori che bazzicavano
ogni mattina negli anfratti prospicienti il carcere di Radicena e di Cittanova.
Quando il suo declino professionale toccò
il fondo, per sopravvivere fece ricorso all'aiuto dei colleghi, ai quali si
rivolgeva chiedendo un caffè o poche lire.
A volte per pranzare aguzzava l'ingegno:
si recava al ristorante annesso al locale Circolo dei nobili, consumava assieme
alla sorella un lauto banchetto ed alla fine con voce stentoria diceva al
cameriere: "per cortesia ponga la spesa sul conto di mio cugino l'Onorevole
Filippo Accorinti dei Conti di Sperlalunga, consigliere della Deputazione
Provinciale”.
Questi non disdicendo questa fasulla
parentela, anzi, divertito della trovata geniale dell'avvocato Serravalle,
pagava sempre di buona voglia.
D'altra parte il ricorso a tali banchetti
a sbafo erano saltuari e distanziati fra loro.
Nell'avvocato Serravalle la virtù che
spiccava era la carità.
Quando la sua professione era in auge, egli,
che abitava in via Pozzo, in un palazzo che serbava le vestigia di un fasto principesco,
andava a visitare quei poveri che vivevano in tuguri nei vicini vicoletti adiacenti
per dare loro denaro e cibo.
Riservava però esclusivamente ai più
vecchi fra i poveri, una tazza giornaliera di caffè che mesceva in una brocca.
Tutti i poveri da lui beneficati, gli si
erano affezionati e lo ringraziavano con le lacrime agli occhi e gli baciavano
la mano.
Quando la sua stella tramontò
definitivamente, non volle venire meno al rituale del caffè a favore dei più
vecchi.
Al fine di procurarsi il quantitativo
necessario alla bisogna, chiedeva ai colleghi piccole somme onde continuare la
sua opera caritatevole.
Sennonché le pressanti richieste che
rivolgeva agli avvocati, mortificavano indubbiamente la dignità della
professione forense, finché un giorno il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati
di Palmi decise di assegnargli un vitalizio a condizione che egli non mettesse
più piede nel palazzo di Giustizia.
Non mancò all'impegno assunto, ma continuò
a dividere con i poveri i soldi dell'assegno mensile.
Il suo obolo sicuramente sarà stato
accetto a Dio perché proveniva da un povero ed era destinato a creature più
povere.
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