giovedì 27 dicembre 2018

Vincenzo SOFIA (1821-1904) - Il medico dei poveri -

Altro dimenticato personaggio della Spoon River taurianovese





Ero il medico dei poveri.

La sapienza era nel mio nome
tramandata da greca stirpe
e da materno sangue spagnolo
radicato nella Sicilia dei miei avi.

Avete mai provato a sostituirvi
a Dio nel salvare le gravide partorienti
e vederne trapassare l’anima?

Ebbene quella realtà si adagiò
su di me pesante
come un incubo giornaliero.

Nella triste contrada radicenese
mi imbattevo in aride mani deformi
visi scarni sfigurati dal vaiolo
e dalla tisi consunti
imploranti tra la sofferenza e la morte.

Quanti supplizi ho lenito
recandomi nottetempo avvolto nel ferraiolo
in fetide e povere casupole.

Chi mi può biasimare
se dedicandomi al prossimo
scelsi un’onesta vita
piuttosto che cedere all'inganno del denaro
sfinendo la mia vita a suon di rimpianti.

Il silenzio oggi grava come orizzonte
sulla contrada della parola
che non rispetta il segreto del luogo
ma eccede espropriandone il senso
divenendone muta epifania del niente.


sabato 15 dicembre 2018

Batilde Eloisa CARRARA de’ Sanseverino (1871-1946) - La maestra -

Continua la Spoon River taurianovese




Fui la nobile precettrice del paese.

Mio padre nella precorsa dipartita
mi abbandonò nel filiale pianto
accompagnato dalle mie sorelle
Amabile e Adele.

Le mie estranee origini
accesero una turbe diffidenza
lenita dalla aurea che avvolgeva
il mio signorile passo.

Com’era dolce la mia malinconia
versata nel profondo vocio
dei piccoli infanti
che geme e punge.

I miei pensieri addolorati
di anelata madre
invocavano amore.

La contrada Radicenese
era una città di morti
tra un lacrimare di tetti
e luci da finestre cieche
con sofferenti genti
che solo la fossa tace.

Con le mie antiche mani
scosto i capelli leggeri
- solitaria nella mia sorte -
ascolto ancora il brusio
delle puerili ombre
che mi consolano
sui selciati solitari
dentro una muta pietra.

mercoledì 12 dicembre 2018

Giovanni Francesco GEMELLI CARERI (1644-1724) - Il Giurista avventuriero -

Altro dimenticato personaggio nella Spoon River del pianoro Taurianovese







Nacqui a Radicena
sotto il Ducato di Terranova nel 1644
da don Errigo e Maria Careri.

A Napoli compii gli studi presso i gesuiti
laureandomi il 3 aprile 1670
in utroque iure.

Dopo l’esercizio dell’avvocatura
entrai nella Giudicatura del Regno
anche se a seguito di soprusi
nonostante la mia aristocratica origine
mi furono precluse cariche prestigiose.

Il 14 giugno 1693 intrapresi un viaggio
partendo da Palmi e passando per Messina e Malta
raggiunsi l'Egitto, Costantinopoli, l'Armenia e la Persia.

Proseguii per le Indie, in Cina e nelle Filippine
attraversando il Pacifico mi recai in Messico
veleggiando sull'Atlantico giunsi in Spagna
da dove attraverso la Francia
rientrai dopo cinque anni e mezzo
nella capitale partenopea.

Nel 1699 pubblicai a Napoli
nella stamperia di Giuseppe Roselli
il resoconto dei miei viaggi
titolandoli "Giro intorno al mondo".

Fui perseguitato e censurato
dalle autorità ecclesiastiche
per fatti segreti e indicibili
del Clero nobiliare
fuori dalle mura romane:
ne nascosero le prove
negli archivi segreti del Vaticano.

In fondo nella mia torre palazzata
posta vicino al Duomo di Radicena
quante volte avrei voluto tornare
per ascoltare le grida nelle vie
sentire gli odori delle taverne
guardare gli occhi neri delle donne.

Il mio vagare fu un lottare
contro il male del vivere
che mi permise di vedere
come un Ulisse moderno
il meraviglioso nel quotidiano
l'eccezionale nel banale.

Non tornai mai più a Radicena
fui un eroe senza nostos.

Passai gli ultimi anni
quale giudice di Vicaria
e regio auditore della flotta
sotto l’impero di Filippo V.

Mentre ero a letto per malattia
nel cercare pace
mi tornavano alla memoria
cose lontane e piccole
della mia Radicena.

Con solenne mortorio
fui sepolto a Napoli
dove il 25 luglio 1724
per brotorace perii.

Mi pianse un giovane
da me incoraggiato negli studi giuridici
amato come il figlio che non ebbi.

venerdì 7 dicembre 2018

Luigi LA MASA ( -1929) - L'Ingegnere -


Altra cronaca poetica tra «prosa» e «poesia» che narra delle storie passate attraverso una variegata raccolta di epitaffi – raccontati in prima persona dai defunti – di una cittadina del profondo sud.




Ebbi i natali nella vicina Trinacria.

Fui chiamato dal regime a collaudare
nelle conurbate contrade di Radicena e Iatrinoli
la provinciale carreggiata intitolata a Luigi Razza
nota intercapedine di snodo nel pianoro
già nelle epoche medievali.

Le mie peculiari competenze
- ero ingegnere meccanico –
mi candidarono all’incarico
che iniziai con solerzia
sotto l’egida del podestà Mariano Aprea.

Le norme costruttive, tecniche e funzionali
costituivano le mie tre Grazie
che mi accompagnavano
nell’assolvimento dell’ingrato compito.

Fui solo nella mia vita
privo di alcuna semenza
mi allontanai tragicamente
senza alcun ricordo
senza nessun pianto.

Alcuno reclamò i miei maciullati resti.

La mia dimenticata stele
nel cimitero di Radicena così recita:
Ing. Luigi La Masa
Tragicamente ucciso
Da folle automobilistico
17 - 12 - 1929”.

mercoledì 5 dicembre 2018

Domenico SOFIA (1846-1915) - L'Avvocato -

Un obliato personaggio cantato in silloge nella Spoon River del pianoro Taurianovese








Ero il figlio del dott. Vincenzo
il medico dei poveri
e di Maria Moretti da Radicena.

I Sofia siciliani di origine greca
col mio avo Vincenzo
si insediarono a Radicena nel 1700
ricoprendo cariche municipali
lottando caduto Napoleone
per la libertà del contado
contro gli abusi dei signorotti.

I Moretti di origine spagnola
sanfedisti convinti
legati alla Real Casta dei Borbone
accumularono molte ricchezze
che si infransero miseramente
tra i marosi della irta scogliera
delle Pietre Nere palmesi.

L’infausta sorte mi diede due mogli
le sorelle Eugenia e Giuseppina Drago
dalle quali ebbi una prolifica discendenza.

Fui considerato l’optimus vir
amministrando quale Sindaco per diversi mandati
curai di acquisire l’opera del Gemelli Careri
del quale feci erigere nel 1884 un busto
oggi allocato nell’antistante piazza Garibaldi
adoprandomi a narrare
le prime memorie storiche
del contado Radicenese.

Ma un solo volto rischiara
l’oscurità della mia lontananza
elargendo un raggio
che testimonia della sua presenza
nel donare il segreto dell’ostensione
divenendone materna presenza.

Oggi quel che ricevo nel lume
di quell’enigma mischiato
all’ombra dell’attesa solitaria
è la sorpresa che fa di essa un dono
ai peregrini astanti
che si soffermano stupiti
dall’aura che elargisce
la peculiare bronzea stele.

Il mio ritiro non è sottrazione
di ciò che apparve
non è l’eclissi di quanto fu dato
ma è la grazia che apre
il simulacro e la luce
di un doloroso ritorno.

La mia lapide
nel cimitero di Radicena
accanto all’antenato Filippo Moretti
e al geniale fratello Francesco così recita:
Lascia
che la pioggia mi bagni e che il sole mi scaldi,
che il verde ramarro mi fissi nel meriggio
col suo amico sguardo.
Agli uomini nulla chieggo - nulla dalla terra aspetto,
Il mio Spirito
Non ispera che nelle incessanti evoluzioni
Di un Cielo
Creduto - sospirato – abitato da’ miei Padri”.