Un obliato personaggio cantato in silloge nella Spoon River del pianoro Taurianovese
Ero il figlio
del dott. Vincenzo
il medico dei
poveri
e di Maria
Moretti da Radicena.
I Sofia siciliani
di origine greca
col mio avo
Vincenzo
si insediarono
a Radicena nel 1700
ricoprendo
cariche municipali
lottando caduto
Napoleone
per la libertà
del contado
contro gli
abusi dei signorotti.
I Moretti di
origine spagnola
sanfedisti
convinti
legati alla
Real Casta dei Borbone
accumularono
molte ricchezze
che si
infransero miseramente
tra i marosi
della irta scogliera
delle Pietre
Nere palmesi.
L’infausta
sorte mi diede due mogli
le sorelle
Eugenia e Giuseppina Drago
dalle quali
ebbi una prolifica discendenza.
Fui
considerato l’optimus vir
amministrando
quale Sindaco per diversi mandati
curai di acquisire
l’opera del Gemelli Careri
del quale feci
erigere nel 1884 un busto
oggi allocato
nell’antistante piazza Garibaldi
adoprandomi a
narrare
le prime
memorie storiche
del contado
Radicenese.
Ma un solo volto rischiara
l’oscurità della mia lontananza
elargendo un raggio
che testimonia della sua presenza
nel donare il segreto dell’ostensione
divenendone materna presenza.
Oggi quel che ricevo nel lume
di quell’enigma mischiato
all’ombra dell’attesa solitaria
è la sorpresa che fa di essa un dono
ai peregrini astanti
che si soffermano stupiti
dall’aura che elargisce
la peculiare bronzea stele.
Il mio ritiro non è sottrazione
di ciò che apparve
non è l’eclissi di quanto fu dato
ma è la grazia che apre
il simulacro e la luce
di un doloroso ritorno.
La mia lapide
nel cimitero di Radicena
accanto all’antenato Filippo Moretti
e al geniale fratello Francesco così
recita:
“Lascia
che la pioggia mi bagni e che il sole mi scaldi,
che il verde ramarro mi fissi nel meriggio
col suo amico sguardo.
Agli uomini nulla chieggo - nulla dalla terra aspetto,
Il mio Spirito
Non ispera che nelle incessanti evoluzioni
Di un Cielo
Creduto - sospirato – abitato da’ miei Padri”.
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