Antigone e Socrate
Riflessioni sul rapporto tra legge ingiusta e processo iniquo
Antigone e Socrate, due
figure simbolo dell’antica Grecia furono messe a confronto da Hegel nelle sue
Lezioni di storia della filosofia.
Due morti paradigmatiche, entrambe provocate dallo
scontro personale con il potere dello Stato e col suo più speculare strumento:
la legge.
Entrambe volute ed accettate affinché, dal sacrificio,
erompesse un messaggio per le generazioni future.
Antigone è condannata a morte da Creonte, re di Tebe,
per aver violato un editto col quale si comminava la pena di morte a chi avesse
dato sepoltura ad un traditore della patria.
Polinice, fratello di Antigone, era morto da ascaro
combattendo contro la sua patria Tebe.
Antigone rifiuta l’obbedienza all’editto sull’assunto
che lo stesso fosse in contrasto con altra un’altra legge non scritta ma
applicata consuetudinariamente ossia quella di dare onorevole sepoltura ai
defunti: tra la legge del re e la legge divina e del popolo osserva
quest’ultima.
Viene arrestata e al cospetto del re Creonte è
irremovibile nel contestare il potere di legiferare, andando incontro, conseguentemente,
alla condanna a morte che blandisce impiccandosi.
Antigone si erge contro il re e, forte della sua
fragilità di fanciulla, rivendica l’inviolabilità dei diritti originari
appartenenti alla comunità ed alle singole persone che la costituiscono.
Socrate, invece, subisce un processo con l’accusa di corruzione
degli animi dei giovani adepti, per aver inculcato insegnamenti in contrasto
con le credenze sugli Dei tradizionali.
Respinge l’accusa con autorità e fermezza, proclamando
il principio per il quale il pensiero e la coscienza, se posti al servizio
della verità, non debbano incontrare censure.
Nonostante la transazione sulla pena e la pianificata
fuga proposta da Critone, Socrate va incontro alla morte non sottraendosi alla
esecuzione della stessa.
Il leitmotiv che accomuna Antigone e Socrate è che
entrambi sfidano il potere, consapevoli che ciò li condurrà ad una sicura
morte, per un’idea di giustizia che considerano più grande della loro stessa
esistenza.
Il filosofo Hegel raffrontando le due personalità,
ravvisa in Socrate una contraddizione di fondo, per aver rifiutato la fuga in
ossequio alla leggi, mentre per converso durante il processo disprezzò le norme
e respinse la pena alternativa della transazione.
In Antigone la coscienza di essere nel giusto ed
iniquamente sottoposta ad una pena totalitaria, non la conduce ad acquiescentemente subirne la portata: essa
contesta allo Stato il potere assoluto di legiferare, rivendicando, al
contrario, al popolo una sfera di diritti inviolabili.
Nel contrasto oppositivo, creato attraverso il
personaggio di Antigone dal drammaturgo Sofocle, tra suddito e re, tra
cittadino e Stato è agevole prevedere l’archetipo della struttura degli Stati
moderni ed il concetto di sovranità relativa di Rousseau il quale nel Contratto
Sociale, pone a base della delega conferita dai governati allo Stato, la
necessaria restituzione e garanzia delle libertà originarie sotto forma di
diritti.
Antigone non contesta né il processo né la condanna,
considerati come effetti ingiusti, ma ineluttabili, di una legge
sostanzialmente ingiusta.
Socrate è esattamente al polo opposto, egli non
contesta la legge la cui giustezza gli appare inoppugnabile, ma l’applicazione
in concreto della norma ad un processo iniquo.
L’insegnamento di Antigone e Socrate ci conduce ad
affermare come se è pur vero che lo Stato abbia il potere-dovere di emanare le
leggi, le stesse devono essere supportate dalla necessità e dalla utilità oltre
che nei precetti e nelle sanzioni, nella proporzionalità allo scopo che si
propongono di regolamentare.
I giudici hanno il compito di applicare le leggi nella
lettera e nello spirito, ripudiando ogni tentativo malcelato di sovrapporsi ad
esse.
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