Avvocatura da fiction
Riflessioni sulle fantasiose e illusorie soap opera della gaudente vita degli avvocati
Nella società
borghese ed illuminata del secolo scorso, la Giustizia, il processo e in esso
l’Avvocato Principe del Foro, assurgevano a mitici rappresentati di una
ritualità pagana celebrante i fasti e tendente a sublimare rancori, tensioni e
conflitti in un sistema sostanzialmente conchiuso capace di autointegrarsi.
La funzione
politica in senso lato del processo, trovava il suo acme nella fase culminate
del dibattimento, nella quale si ergeva la funzione culturale del notabile del
Foro, il quale stagliava la giusta parola contro le diseguaglianze e le
ingiustizie.
La chiave di
volta di questa rappresentazione di tecnicismi culturali, si concretava
all’interno di complessi ed equilibrati templi pagani moderni, consacrati alla
individuazione della Verità e spogli dalle fuorvianti espressioni neglette
delle insulse mediazioni massmediatiche.
L’Avvocato in
quella realtà costituiva il Principe primo attore, incarnante la dea bendata
nella garanzia di tenutezza di un sistema complesso, ove i Giudici dovevano fornire
- per confermare la validità e la vigenza del sistema - risposte solo con le
sentenze.
L’Avvocato così
veniva a plasmarsi ed essere ricompreso in una tipologia sostanzialmente unica,
caducata da inani esibizioni di vanagloria pseudo giornalistica, rappresentando
in concreto la silente forza della parola esatta e ragionata sul caos
interpretativo di irragionevoli istanze di condanna.
Il processo con
l’apporto erudito e partecipativo dei Principi del Foro, costituiva un vero e
proprio strumento rituale del consenso partecipato democraticamente.
Gli Avvocati,
con variegate qualità intellettuali e soggettive, hanno da sempre svolto una
capillare funzione di vera e propria formazione culturale e democratica,
attraverso gli innumerevoli casi quotidianamente trattati nelle aule di
giustizia, ove trovavano la sede più propizia per un così eminente compito
delegato a contribuire alla costruzione di una elevata e sensibile coscienza
collettiva.
Certo i tempi
hanno mutato la morfologia ontologica e semantica del ruolo dell’avvocato e
delle sue preminenti funzioni, rendendolo non più omologabile in un normotipo
tipologico, piuttosto catapultandolo in una variegata e molteplice verifica e
tutela degli interessi in conflitto, con l’apertura di nuovi scenari e l’emergere
di nuove figure di giuristi.
Non tutti i
giuristi, chiamati ad adempiere a ruoli sempre più sofisticati e specialistici,
ma pur sempre coerenti col fine interpretativo ed applicativo della legge,
possono essere considerati Avvocati, in quanto i livelli degli interventi e la
formazione culturale incidono sostanzialmente sulla qualità dei risultati.
Rivestire la
funzione di Avvocato, significa incarnarne un ruolo non enfatico o
pittorescamente telegenico, ma essere sempre in linea con le emergenze del momento
navigando a vista nel mare solitario del terribile ed esaltante quotidiano.
“Se non ci fosse
gente cattiva, non ci sarebbero buoni avvocati.” (Charles Dickens, La bottega
dell'antiquario, 1840)
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